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giovedì 2 maggio 2019

Marco Furia su “La regola dell’orizzonte” di Alessandra Paganardi, puntoacapo




Una poetica riconquista

“La regola dell’orizzonte” è intensa e raffinata raccolta i cui versi rimandano a una comprensibilità altra, diversa, che pure affonda le sue radici nell’ordinario modo di comunicare: siamo al cospetto di un sentito senso dell’enigma al quale la parola giunge in maniera non ricercata, precisa.
Leggo a pagina 14
“La notte trasforma tutto in poco
non sai quando saranno
le prove generali del niente”
e, a pagina 39
“la sorpresa di un verso inaspettato
come un abbraccio
                             come un dolore”.
La seconda pronuncia citata propone, con efficace immediatezza, un’inedita fisiologia dell’idioma poetico e, a pagina 45, la sequenza
“da piccola inseguivo le parole
erano loro a correre sul foglio”
mostra come la scrittura possa essere considerata vero e proprio organismo vivente, capace perfino di correre.
L’autrice apre al nostro sguardo affascinanti spazi per via di un linguaggio    diretto, quasi descrittivo, teso a unire il dato intimo ed emotivo a un mondo che si rivela capace di accoglierlo: per Alessandra l’esserci è in grado di riconquistare un’integrità non irrimediabilmente perduta.
Il richiamo è chiaro, netto: la compostezza dei versi rivela un’attenta, cosciente, visione dell’umano esistere.
Forse, in tempi trascorsi, qualche contraccolpo non è mancato e, forse, penosi sensi d’angoscia non sono stati assenti, tuttavia, ora, la parola riferisce di un percorso vòlto a raggiungere, in maniera determinata, un possibile equilibrio.
Noto poi come, senza propendere a  teoretici indugi, la nostra autrice, con i toni propri del sincero colloquio, consideri il tempo come qualcosa da riguadagnare:
“questo giorno che non ha conosciuto
santi ma solamente primavera
tu non segnarlo più sul calendario
non obbligarlo di nuovo a morire”.
Il calendario (e l’orologio) non servono più a molto, poiché una circostanza, nel caso specifico la primavera con i suoi rinnovati colori e profumi, riesce a emergere come tale e a ripresentarsi per quello che davvero è: il tempo, insomma, si vive e anche si riconquista se ci si affaccia su scenari sorprendenti eppure prossimi a una normalità tenuta sempre ben presente quale terreno in cui far attecchire  nuovi linguaggi.
“La regola dell’orizzonte” è non tanto un canone o una misura quanto un poetico tentativo di recupero del mondo?
Sì, un recupero, per nulla intriso di nostalgia né di bolso rimpianto dei bei tempi andati, che è un rivolgersi, non senza fiducia, al presente.
Un grumo di sofferenza si è sciolto dando origine non a utopici sogni ma a un desiderio – progetto al quale avvertiamo di non essere estranei: ancora una volta la poesia è riuscita a essere parte di chi legge?
Quell’ “orizzonte” è anche intimamente nostro?
Certo e la poetessa ci ha aiutato a riconoscerlo tale.

                                                                                     Marco Furia


Alessandra Paganardi, “La regola dell’orizzonte”, puntoacapo Editrice, Pasturana (AL), 2019, pp. 92



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