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giovedì 1 dicembre 2022

Marco Furia su un ‘opera mail art di Walter Pennacchi


 

Aggettanti cartoncini


Un tipo di mail art dai tratti aggettanti ma ripiegabile su sé stessa (idonea, perciò, a essere spedita via posta ordinaria) è l’opera di Walter Pennacchi di cui alla riproduzione fotografica.

Subito colpisce l’esatta, policroma, definizione: l’artista cattura l’altrui sguardo e lo trattiene proponendo un lavoro in cartoncino dalle parti sporgenti (non manca un foglio riflettente simile a uno specchio).

Assieme a indirizzi di mittente e destinatario (nonché a dedica), anche i francobolli, lungi dall’essere mero strumento indispensabile al recapito postale, costituiscono parte integrante dell’opera.

Colori, lettere, frammenti di parole e di frasi ricordano celebri esperienze di un’avanguardia la cui lezione in questo caso mi pare, più che meramente compresa, vissuta in maniera originale, autentica.

Non siamo in presenza di riverenti richiami, bensì di un’attuale partecipazione che riesce a farsi gesto artistico e, di conseguenza, a indurre a riflettere su estetici nessi tra passato e presente.

Senza dubbio, i confini tra percezione, pensiero e atto artistico appaiono labili, poco rigidi: Walter è il suo lavoro?

Esiste una distinzione (ovviamente non storico-biografica in senso stretto) tra i due?

Risponderei in maniera affermativa a entrambi i quesiti: a mio avviso, la persona dell’artista si mostra nella sua opera e in simile manifestazione, pur non annullandosi, tende a non differenziarsi da essa.

Siamo al cospetto di un esserci dall’intensa valenza estetica del quale prendere atto senza voler proseguire un’analisi dagli esiti incerti: un oggetto dalle inaspettate caratteristiche si presenta e a noi non resta che affidarci allo sguardo.

Anche l’occhio del nostro mail artist e quello dell’osservatore tendono a non distinguersi troppo: così io, non soltanto perché destinatario della dedica, mi trovo a essere parte non passiva di ciò che osservo, ossia di un’opera che ammiro ma di cui non vorrei essere stato l’autore perché, in tal caso, uno specifico, raffinato e fecondo, percorso estetico-comunicativo non avrebbe avuto luogo.

Un percorso complesso, ricco d’articolazioni, ma anche immediato frutto di quella “precisa definizione” e di quella capacità di catturare lo sguardo di cui parlavo all’inizio: davvero ci sentiamo chiamati a vivere un escludere tutto il resto e, nel contempo, un comprendere tutto il resto in cui, ancora, due opposti aspetti riescono a convivere.

Siamo, così, giunti a una fine che, lungi dall’essere un termine, è territorio da cui partire per altri innumerevoli itinerari promossi da un dialogo che, pur nutrendosi di forme, colori, oggetti, non è mai del tutto estraneo alla parola e al silenzio.

Il linguaggio artistico può assumere aspetti anche molto diversi, l’importante è che possieda qualità espressive il più possibile elevate: grazie, perciò, a Walter Pennacchi, a Poste Italiane e, perché no, a me e a ogni altro osservatore.

                                                                                                                    Marco Furia

 

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