Se leggere libri dà la felicità, poter godere di libri che con cura e dedizione presentano gli aspetti più sopraffini di realizzazione, in ossequio alla cultura, al suo simbolo più rappresentativo, pure, non meno pregevole è la possibilità di tramandare e di diffondere con eleganza e passione tale manufatto per i suoi contenuti inestimabili, visto che nel laboratorio di Josef i libri non solo vengono creati, ma anche restaurati. L’attrazione per i libri, quella che determinò in Josef Weiss, editore in Mendrisio, una passione inesauribile, è nata in lui fin da quando ebbe l’opportunità di scoprire e, pertanto, frequentare la Kunstwerbeschule a San Gallo (scuola di rilegatura): “Fu a quel tempo che mi presi il ‘bacillo’, compagno per tutta la vita: la malattia del libro, un male benefico, mai mortale”. E ben per noi è stato che abbia contratto questa fantastica ossessione, la quale, oltre che a produrre libri meravigliosi, lo ha portato anche a collezionarne dei più astrusi nel mondo. Andare a trovarlo nella sua bottega d’arte è un’esperienza da compiersi per chi volesse farsi ‘infettare’: i tesori aprono le loro pagine, creando cattedrali di vuoto in cui il silenzio s’ingigantisce, via via che il lettore s’immerge nella visione. Poiché è di questo che si tratta: un’esperienza della visione, e tattile, ove la forma è il contenuto. Ove cose distantissime come le legature e i ferri per l’impressione a caldo, le carte rarissime e le corde cerate si tramutano in un’opera solida e atemporale. È il volere artistico di Josef Weiss che è alla base di tutte le scelte stilistiche, le quali rientrano già tra i valori contenutistici. Questo per dar conto di un’attività che costruisce essa stessa sapienza e diffonde conoscenza, oltre, naturalmente, a unire i grandi nomi della poesia e dell’arte che si affiancano sulle pagine, dando sempre luogo a creazioni uniche.
Se si volesse parlare di una mistica del libro, questa collezione fornirebbe un palcoscenico adeguato. Non solo perché essa presenta una vastità di modi in cui è possibile realizzare un libro - legature in pergamena, legature orientali, le dimensioni adeguate alle incisioni, le carte sontuose, i caratteri mobili a piombo che donano alla carta un ulteriore grado di profondità, gli autori e gli artisti che trovano in questi libri la giusta collocazione - non solo per tutto questo dicevamo, ma anche perché Josef Weiss stesso è cultore e creatore di un modo tanto spirituale quanto concreto di affrontare, fornendone la saldatura, l’apparente divisione tra mezzi materiali e immateriali. Non si può ottenere un libro perfetto in tutti i suoi aspetti, numerosi e complessi, se non curando ciascun elemento e integrandolo con gli altri. In tal senso, anche il rapporto testo/immagine riceve una prodigiosa attenzione, ogni volta creando nuovi contrasti e armonie, giustapposizioni e distanze.
Josef Weiss, da sempre affascinato dalla pittura e dalla scrittura, che dall’antichità all’era moderna si sono sempre più separate, e memore della loro originaria unità, della comune radice segnica dei due linguaggi, ha dedicato la sua vita agli innumerevoli connubi e sovrapposizioni tra dato visivo e dato verbale, spesso mostrando il superamento della subordinazione dell’immagine al testo, così come si era venuto configurando fin dal libro miniato. È solo dal Rinascimento in poi che i pittori riuscirono a restituire pari dignità alle due forme espressive, essendo l’attività artigianale minata dal pregiudizio. E, dunque, proprio in tale pullulare di attrazioni e convergenze, Josef Weiss si è installato, sperimentando, senza sosta, in quel luogo privilegiato che è il libro come supporto di scrittura e d’immagine, le loro interferenze, e individuarne, al contempo, le specificità: sul medesimo foglio, di fatto, due diverse modalità di significazione e di lettura si fronteggiano, a tal punto che ciò che può esprimersi con la parola non è traducibile in ciò che può esprimersi con l’immagine e viceversa. L’inesausta applicazione con cui Weiss ha inteso sondare, nel particolare oggetto che è il libro, questa relazione va di pari passo con la sua volontà di raggiungere la perfezione in ciascuno di essi, anche nelle edizioni che vedono un maggior numero di esemplari.
Il passaggio dalle lettere ai segni visivi, sempre oscillante, sempre metamorfico, converge verso una significazione terza, che è data appunto dal loro accostamento e chi ha aperto questi libri è irresistibilmente attratto, allo stesso modo, dalla magnifica fattura dell’oggetto, dalla consistenza della carta, dalla qualità tipografica, dalle legature che appaiono leggerissime eppure resistenti, sfidando a tratti la delicata materia con cui sono realizzati: veri e propri meccanismi di cui si vorrebbe conoscere ogni dettaglio artigianale. Weiss si avvale dei migliori stampatori e spesso il figlio Manuel realizza incisioni dal disegno degli artisti, mentre la moglie Giuliana crea carte dipinte con cui alcuni poeti amano dialogare.
Josef Weiss ha dato vita ad alcune collane che avessero come filo conduttore l’interazione fra le arti e la condivisione delle esperienze artistiche e umane. Ne nominiamo solo alcune: Meandro è una collana di poesie liberamente condotte dai suoi autori, nella scelta del tema e della forma, poiché la libertà assoluta è il modo e il fine della poesia. Le poesie si presentano sempre in forma bilingue e sono caratterizzate da interventi artistici originali sul frontespizio. Meandro vuole costituire infatti un’opportunità di incontro fra scrittori, poeti ed artisti contemporanei. Dîvân è una collana di libri nata dal desiderio di contribuire a un possibile dialogo tra occidente ed oriente. Clandestins, Fondazione Franco Beltrametti e Josef Weiss Edizioni, è una collana che vuole combattere l’anemia del linguaggio ed è dunque dedicata a una discendenza poetica che ha fatto della vita stessa poesia. Fare poesia, certo, ma anche tradurla, comporre, stampare e rilegare, fare materialmente i libri investendo tempo, conoscenze, tecniche e materiali.
Ogni copertina, controguardia, frontespizio, pagina, colophon presenta particolari che richiedono attenzione, che dispongono il lettore verso una consapevole esperienza di fruizione: il libro così sapientemente prodotto è qualcosa di profondamente diverso da quello massificato acquistabile in libreria, non solo perché è ivi convenuta l’immagine artistica o perché il testo poetico è inedito ed esclusivo, ma perché, appunto, il libro d’arte sublima le caratteristiche di immagine e testo, introducendo a una esperienza fruibile in specialissimo modo.
Non è possibile analizzare in questo breve scritto, le straordinarie opere uscite dalle edizioni Private press Josef Weiss e presentate nella mostra “L’arte di fare libri”, presso la galleria del Laboratorio d’Arte Grafica di Modena “Arte su carte”: ognuna di esse, infatti, presenta caratteristiche uniche, risvegliando tutti i nostri sensi e richiedendo molteplici modalità di fruizione, mai esaustive.
La ricchezza delle collane, delle dimensioni, dei materiali (dalla pergamena alla carta giapponese, dalla pelle alla carta fatta a mano) squaderna dinanzi ai nostri meravigliati occhi una sequela di invenzioni e di innovazioni che non mostrano soluzione di continuità. Entrare nel suo laboratorio vuol dire anche entrare in una wunderkammer specializzata, dove la collezione si dipana, includendo, non solo i propri, ma anche i libri più strani del mondo (dai libri a borsello, in piccolo formato e in uso nei secoli XV e XVI, aventi copertine in pelle o in stoffa, che, sovrabbondando dai piatti, poteva essere annodata a forma di sacchetto, a quelli con l’apertura a ventaglio o a tendina). È un laboratorio-antro in cui, il mago Josef, ha ricostruito il mondo secondo i suoi desideri, accumulando ordinatamente lo scibile umano con i più bei colori del mondo e forse un giorno o l’altro, andando a visitarlo, vi troveremo un libro-farfalla che ondeggia nell’aria, iridescente.
Rosa Pierno