Pagine

venerdì 31 agosto 2018

Elisabetta Salvador e Sergio Sichenze “Nei chiaroscuri del tango”, Campanotto editore, 2018





Una riscrittura, quella che Elisabetta Salvador e Sergio Sichenze hanno voluto effettuare del loro libro a quattro mani “Nei chiaroscuri del tango”, edito da Campanotto editore, nel 2017 e riscritto nel 2018. Una riedizione nata dall’esigenza di avvicinarsi meglio con la parola alla forma espressiva del tango, trascinante, ma non priva di difficoltà.
La parola sembra misurarsi con le aspettative e il vuoto, non solo, dunque, con la ritmica passionalità della musica argentina, poiché non può essere espresso il tutto con un sola sua parte: è sempre necessario che ciò che si contrappone o contraddice debba essere immesso anch’esso nel circuito definitorio. La parola è qui chiamata a un passo fou, ulteriore acrobazia  nella scena della danza!
La riscrittura è, dunque, volontà di portare a perfezione o meglio di misurare il baratro, il tentativo di migliorare un’azione che si sa già essere destinata allo scacco. Eppure, a tale prova non si sa sfuggire perché un avvicinamento incredibilmente si produce! In Elisabetta Salvador, è la misura della disillusione, l’acme di un’emozione che sfuma appena sia terminata la musica. La monade che si dissolve a dispetto del fasto e della ricchezza dell’ambientazione. Per Sergio Sichenze è la ricerca, all’interno della complessità, di quei fattori che agiscono e determinano la compresenza di leggerezza e severità, di debolezza e forza, di familiarità ed estraneità.
Un vero e proprio tour de force che la parola accetta di compiere, avendo in carico di disegnare anche l’assenza della musica sulla pagina. La parola, inoltre, docilmente affronta l’uscita dallo stato alterato, incitante, a cui la musica sottopone il danzatore, riportandolo all’ambiente quotidiano, a un’esperienza che lo deposita in un luogo spesso alienante. 
In ultimo, il giro di danza è compiuto almeno quanto il testo poetico e quest’ultimo attesta di ciò che si è prodotto, di ciò che è stato perso e conquistato nel medesimo passo.



Elisabetta Salvador

Uno sguardo, accenni:
balliamo.
Il fermo abbraccio
al mio costato spegne 
le parole. Avvolta
fino a sentirti respirare,
nella tua onda ripiego.
La musica, velluto d’alghe,
ci sfiora: stretti,
i corpi esausti.
Ci scostiamo, mi guardi,
te ne vai.
Non ci conosciamo.

Geometrie

Mani
schiuse, palpebre, polsi,
gomiti e ginocchia, 
caviglie. Gli angoli, le linee
di questo tango 
esplodono in una geometria 
sghemba, fragile a tratti. 
Pallidi di attesa, piccole
preghiere siamo, nel fiume 
della ronda ardenti.
Audace, il rossetto
sbavato
sul labbro, il suo colletto
troppo sgualcito

Sergio Sichenze

Leggerezza

Una coppia
si sceglie: lei 
senza freddo 
trema.

Ristretti 
spazi, calci
imprudenti
avvicinano.

Laceri alla stessa 
musica 
s'appellano.

Severa 
legge, lo sguardo: 
opposti
aspri timori
s'annullano.

Finita
immobilità, rimandati
presentimenti: l'umoroso
oroscopo corroso.

Bonaccia
nella minaccia 
del caso. Ondata
di calma: salino
trapianto, sostanza
scialba 
sommerge.

Straniera 
mano: minimo 
gesto di leggerezza 
infiora.

Attesa

Il movimento
è attesa.

Spogliato 
passo: tattile
fede di assenti
veti.

Ramificato
tempo, non la parola,
magia tronca.

Leggera 
fiamma, fiotti
di abbracci, incantesimo: 
esilio incorrotto!

Miracolo senza 
nome: petto 
divampa, impronunciabile 
conforto.

La tanda
dal subbuglio 
discorda. L'occhio
l'invisibile 
conosce.

Intorno 
il mondo: tedioso
collare.