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mercoledì 7 giugno 2017

Alfabeto Baudelaire" traduzioni di Mario Fresa, con disegni di Massimo Dagnino, EDB Edizioni, 2017




Una cernita, quella effettuata da Mario Fresa, in  "Alfabeto Baudelaire", EDB Edizioni, 2017, di dodici poesie dall'opera poetica di Baudelaire, con cui si enucleano i temi-vertice del pensiero del poeta francese. Dalla nascita che causa infelicità a sé e agli altri, perfino alla madre, e più tardi all'amante, il poeta pure sa ricavare lacune di assoluta bellezza, ove quest'ultima è il viatico di una felicità tutta particolare, frammista a quella malinconia saturnina che è simbolo del genio poetico.

Impossibile, infatti, scindere l'uomo dal genio di cui è dotato, il quale non solo è dono tutto speciale che gli consente di vivere in maniera realmente differente dai comuni mortali, inevitabilmente attratti dal solo volere avere, da interessi commerciali e produttivi, stretti, senza risorse, negli ingranaggi di una società irreggimentante, ma, doppiato, l'artista, – come d'altronde tutte le figure baudelariane – dalla solitudine e dal disagio che quello stesso dono reca: il genio rende estranei al consorzio umano. E L'albatro figura appunto nelle dodici poesie scelte da Fresa.

Ora questa bellezza che sa aprire squarci su possibilità altre, esterne al reale, nemmeno essa riposerà su visioni eterne o stabili, affidabili, ma totalmente precarie e casuali, ordite da una ricomposizione e scomposizione, queste sì, perenni, delle immagini metropolitane, in cui il poeta  francese in Città dà un ritratto che ci fa tornare in mente il quadro di Velasquez, Les Meninas, ove il pittore si vede solo attraverso uno specchio. Il racconto è quello dell'incontro fugace con una giovane donna, la cui bellezza incanta il poeta, promessa d'un tempo eterno, quello dell'amore ideale. La città, mai nominata se non nel titolo, è presente per essere quel dispositivo che consente la compresenza di una moltitudine di essere umani, che s'incontrano come atomi e continuamente si perdono.




I disegni di Massimo Dagnino interpolano testo poetico e traduzione con estrema libertà, sia nei mezzi espressivi che nei contenuti e citiamo, in particolare, i disegni che si accampano accanto alla Città: una cartina stradale che si sovrappone al disegno d'un leopardo, mentre, nella pagina seguente, è il disegno di alcune palazzine di edilizia popolare a svelare un suo approccio felpato e attento, in cui, eppure, si mantiene discosto per consentirsi una elaborazione legata al presente, per attingere a casse di risonanza proprie. Casse che risuonano sempre in maniera polifonica, quando si è in presenza di Baudelaire, il quale ha dato un ruolo tutto speciale alla sinestesia, quella particolare corrispondenza che fa risuonare nei sensi incomunicanti l'unità, che del molteplice, distintamente percepibile, restituisce un unico flusso (Musica).

D'altronde, la medaglia che offre sempre la contrastante verità sulla nascosta faccia, tira in gioco anche il male, nella figura di Satana, (Le litanie di Satana), ove ogni cosa buona viene presentata come deformata e urlante, ammalata e delirante. Il poeta si fa carico con la sua voce, espressione di quel genio che è dono/martirio, di mostrare che ogni cosa non ha mai una sola valenza, che tutto si ritorce mostrando un aspetto contrario, a dimostrazione che nessuna verità può riposare su una scelta. Tutto deve essere mostrato nella sua irriducibile doppiezza e così essere vissuto.

Il modo stesso in cui Mario Fresa affronta la traduzione di queste poesie, patrimonio dell'umanità, richiama alla mente una sorta di volontà di chiudersi insieme ad esse in un luogo sacro, per discendere nelle profondità della riflessione che innescano, quasi con un respiro rallentato. Il verso lungo, appositamente costruito da Fresa, allunga il tempo di una misura sufficiente a vedere la metamorfosi in atto nelle figure baudelairiane. I disegni trasportano costantemente in un luogo diverso da quello prevedibile e il libro si rivela come un meccanismo di scarto e di rilancio, in cui Baudelaire sembra giocare al nostro tavolo.

                                                                          Rosa Pierno

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