Una sorta di geografia antica, come quella dove le coste venivano disegnate scrivendo i nomi dei paesi che si affacciavano sulle sabbiose rive o gli scoscesi pendii, è quella tracciata da Pietro Montorfani, il quale, ancora con i nomi, disegna sotto i nostri occhi quella strada ritorta inerpicantesi tra monti e fiumi, in uno specifico angolo di mondo, il San Gottardo, che va a collassare in un punto che pare inghiottire tutto: sparisce la via nell'intestino buio di un pietroso sipario, ove si predispone il passaggio di treni ricolmi di merci, immersi in silenziosa attesa, quasi fosse un trapasso in altro spazio. La delicatezza del testo che restituisce l'ovattato e quasi incomprensibile luogo, per l'inusuale, ambigua caratterizzazione spaziale, crocevia di percorrenze impervie, con un finale degno di un prestigiatore che faccia sparire alla vista ciò che pur non sembra celabile, è rafforzato dall'incisione calcografica su lastra di zinco ad acquatinta e maniera a sale di Loredana Müller. Con la scala drammatica dei grigi, l'artista riesce a tracciare astrattamente le scaglie boschive, i ripidi tracolli, gli strapiombi arditi e le zolle in cui la luce raggiunge il suolo in una tavola che ricorda l'intarsio tentato con materie incompossibili.
Il prezioso volume edito da Josef Weiss è il quarantanovesimo all'insegna del Dîvân ed è composto in caratteri mobili in trentatre copie.
Miracolo sul passo della Flüela
Non già sulla trentaquattresima
ma sull’unica, torta, che si arrampica
a fianco dello Schottensee,
tra il Corno bianco e quello nero,
tra Reno e Inn, in un punto
della mappa d’Europa in cui le auto
è meglio che si adagino sui treni
e attendano, dentro il buio dei monti,
l’altro lato...
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