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giovedì 19 gennaio 2017

Due poesie inedite di Marco Furia, 2016




Quali fenomeni fisici determina il pronunciamento d'una parola, di una piccola frase: "Il mondo non si scioglie"? Nella parola liquida o aerea, piena o sapida, pare condensarsi, per un attimo che sa d'infinito, l'interiore qualità dell'esistente. Perché certo la parola non risolve l'enigma del senso del mondo. La sintassi con tutti i suoi suadenti e alambiccati stili può persino complicare l'esito della nostra ricezione della realtà. O risolversi totalmente nel singolo vocabolo, il quale dà vita a un ritmo nella trama poetica, costituendone la segreta misura.
Capace di dar luogo a una sonorità che non è musica, ma che attinge a relazioni siderali, metaforicamente concesse a una stella fra le stelle, il canto emerge in ogni caso dalla materia e la materia vi è presente sia astrattamente che concretamente. Il respiro è pieno di particelle acquoree e pare, nella scansione delle sillabe, avere scaglie che barbigliano. Una parola così disossata pare possa restituire il silenzio, come sua forma di metamorfosi estrema. Quel silenzio capace di collegare la parola pronunciata alla vita e alla morte, le quali sono due volatili parole anch'esse, ma nemmeno tramite loro il mondo si scioglie. Anche se appare inevitabilmente trasformato.

In ogni caso, Marco Furia, intende indagare sull'essenza del fenomeno, ma l'indagine condotta in "S'illumina l'attimo" più che un astrarre sarebbe un approfondire, allargando via via le spire al fine d'inglobare quanti più dettagli possibile, fermarsi cioè alla superficie per effettuare quanto più estesamente la propria perlustrazione. Il senso essendo tutto sparpagliato su un piano, dove la sinestesia mette in collegamento materie differenti che appaiono similari. Gli stessi suoni, colori, luce, silenzio sembrano potersi attribuire così a oggetti distantissimi, ma il piano è quello della pagina: un piano riflettente.



Il mondo non si scioglie

Il mondo non si scioglie
negli stili
del docile linguaggio
ma s’aggruma
nel risveglio improvviso
nella voce
d’una minima, tacita
parola
che illesa mostra l’attimo
infinito
del complicato intreccio
della trama
d’enigmatici ritmi:
indenne il coro
che desto s’azzittisce
è vibrazione
d’inesistente corda
è già armoniosa
non acustica musica:
non eco
del cielo è quella stella
intatto lume
che noncurante brilla:
non dal suono
emerge il canto e l’umido
respiro
solitario riverbero
si muta
in policrome scaglie:
forse vive
nel silenzio il silenzio
o forse muore.







S’illumina l’attimo

S’illumina l’attimo
e svela
la sua lustra indole
stile
d’indenne baleno
pur stasi
del tempo che corre
e che schivo
non parla, ma zitto
colora
di chiari pigmenti
improvvisi
l’effimero, vivido
suono
d’incanto policromo
muto
riverbero splendido
lume
intatta lucerna
che accesa
rifulge istantanea
s’oscura
accenno imprevisto
richiamo
silenzio enigmatico
voce
che già si risveglia
rifiata
spargendo insondabili
echi
di tacite impronte
non buie.

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