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venerdì 18 novembre 2016

"Renée Lavaillante. Une archéologie du dessin" a cura di Nathalie Miglioli, Occurrence/Sagamie, Canada, 2016




Boîtes et blocs, 1992, bâtons gras et de cire, acquarelle et gouache, sur plâtre

L'uscita del catalogo "Renée Lavaillante. Une archéologie du dessin" a cura di Nathalie Miglioli, Occurrence/Sagamie, Canada, 2016 è l'occasione per ripercorre alcuni dei punti salienti di un percorso di ricerca che ha incentrato sull'attività del disegno il suo precipuo interesse. Se l'immagine si situa prima delle parole, essa coincide con la parte non esprimibile linguisticamente se non per infinita approssimazione. Così che se il gesto costruisce un disegno, l'artista può affermare che tale immagine, luogo,  oggetto coincide con la sua interiorità. "Personne ne sait que vous êtes ici, n°6” del 1988 intende specificare che l'altrove esiste, è il luogo realizzato sulla carta, reso visibile.

Donare a questo luogo il moto equivale a mettere in azione il primo agglomerato della materia - quella dell'origine - il cominciamento assoluto. Prima dell'io, infatti, che decide di dare l'avvio al suo racconto visivo, non c'è la natura allo stesso modo in cui non è rintracciabile l'individuo se non a posteriori, sulla carta. Tutto ciò non certo per affermare il ruolo secondario e inconsistente della realtà quanto il fatto che la sua incidenza viene messa fra parentesi nel processo creativo, il quale sintetizza l'esperienza, rendendo centrali il gesto e l'ideazione.

Nelle grandi carte, che oscurano le nostre pupille come per il passaggio di ali e vortici minacciosi, è in agguato la macchina analogica che trasporta i segni della ricchissima texture dei lavori (ottenuta con pastelli secchi, all'olio, a cera e poi matita, acrilico, inchiostro) sulla mappa mentale di ciò che già conosciamo. La natura, dunque, come effetto dell'artificiale. Ma il divario tra questi due elementi è ciò che consente di situare il pensiero artistico: proprio fra le due sfere. I titoli che tracciano un resoconto, una cronaca diaristica, "Mouvement pour sortir", 1989, "Tourment avec écharde, n°1”, 1991, per cui chi scrive si sente autorizzato a parlare di narrazione, spostano l'accento sulla visualizzazione del sé, come d'altra parte invita a fare anche il lavoro che raggruppa temporalmente in serie lo snodarsi della ricerca.

Renée Lavaillante è nel suo percorso spesso attratta da una geometrizzazione che attiva il dialogo tra contenitore e contenuto, forma ed espressione, lucidità e incertezza. É il caso della serie "Boites et blocs", 1992,  una verifica tra ciò che può essere contenuto e ciò che può contenere, quando il contenuto è un masso e il contenente è una scatola di cartone. La tracciatura delle caratteristiche materiche è di per sé un tema che già da solo impegna tutto l'essere! La lotta è sempre impari fino a quando sulla carta non si ha la rivelazione della materia. Da siffatta materia caviamo ciò di cui eravamo in cerca. Ora soltanto, sembra porsi dinanzi ai nostri occhi come una rivelazione.

Il ricorso al collage, la stratificazione delle carte sapientemente lavorate, consente all'artista di operare distintamente sulla ricostruzione formale che in questo senso pare opporsi al trattamento delle superfici (superficie verso volume, bianco verso nero). La creazione delle forme non può che essere un assembramento effettuato in una fase successiva, studiato, ritoccato, confortato da incastri o disilluso da incongruenze. Forse l'io artistico non è tracciabile al di fuori del mito.

Ancora, la ricerca prosegue in questa direzione con un esperimento in cui l'artista socchiude gli occhi, ottenendo il tracciamento d'una linea 'alla cieca', e dunque introducendo contemporaneamente l'alea. La Lavaillante ha di fatto sempre costeggiato il dominio scientifico nel tentativo di rovesciarlo nel suo opposto: il dominio artistico (serie "Qui sait comment toucher le sol, n°6”, 1998).

La regolarità della tracciatura questa volta registra una sorta di ordine mentale che si situa prima della vista o che comunque si sottrae al suo imperio. Tuttavia, la disposizione, ordinata o anarchica che sia, svela un processo che marca l'essere, che decide della sua definizione. Se ne rintraccia la flebile presenza attraverso righe di grafite, le quali s'interrompono nei pressi di un immaginato contorno, ritagliando  una sagoma (serie "Dibutade n°3", 2015) o rilevando ispessimenti e intensità, come nella serie  "Giornate ( 45 jours), et detail”, 2014, o in quella più ossimorica "Points de chute n°2", 2014,  la quale a partire dalla caduta di ciottoli sul foglio registra l'addensarsi, intorno al punto toccato, di una concrezione di linee il cui spessore, scurito in alcuni tratti, crea un effetto di profondità, di vero e proprio abisso, in cui l'essere si delinea.

Ora,  l'associazione casualità/precisione è il tramite di condensazione di quello spazio oscillativo in cui trascorriamo dall'effimero all'eventuale, dal caotico all'ordinato, dal determinato all'indeterminato, cioè la messa in chiaro - in forma di grafite - di una inscindibile complessa materia: quel che dell'uomo si vede nell'arte.

                                                                           Rosa Pierno


Le fotografie sono di Eliane Excoffier e Yvan Boulerice





Dibutade, n.1, 2013, crayon graphite sur papier

www.reneelavaillante.net

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