"Ecco un oggetto perfetto. Ma qual é la sua natura? Libro, album, estensione di ciò che l'autore chiama "varietà" o libro per appassionati?" chiede Jean Louis Schefer nella prefazione di questo singolare quanto interessantissimo libro "Journal de Bord" edito da Pagine d'arte nel 2011, che presenta la produzione di disegni del poeta e saggista francese Paul Valéry.
Schefer, definendo l'insieme dei disegni estratti dai "Cahiers" come deciso obbedendo alla meraviglia, al capriccio e alla necessità, e che pertanto non avrebbe potuto essere diverso, afferma che è un libro "della mano e dell'idea", "del tempo della scrittura e del suo necessario vagabondaggio".
Qualcosa lega i pensieri scritti all'alba con le figure che li contornano, quasi fantasmi del sogno che aprono la pagina ad altro, sembrando squarciarla. In queste pagine, non destinate alla pubblicazione, gioca la felicità del caso, sorta di progetto personale a cui abbandonarsi rispetto a progetti di potente impegno, perseguiti nel medesimo periodo: l'Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci e Monsieur Teste.
Ma, più spesso, i testi che figurano con i disegni sulla medesima pagina non sembrano avere alcuna relazione e questo apre come uno spazio enigmatico e sfuggente, che bisogna respirare e non ridurre, di cui bisogna saper cogliere la distanza in quanto necessità della mente di operare su diversi piani, in aree non contigue, per indirette vie, non esplicitabili.
Pause, in cui la mente corre a qualcos'altro, isole di alteritá, occasioni di distrazione o modi per concentrarsi, poiché chi l'ha detto che l'uno escluda l'altro. Una pagina in cui compare una definizioni della poesia porta il disegno di un nudo di donna, un'altra che sembra definire la nostra condizione umana è scritta accanto al disegno di un uomo e una donna seduti insieme che non si guardano...
Tutti i disegni sono colorati, a pastello o all'acquarello, i profili sono spesso rinforzati con la penna, carichi di particolari; vi sono scene di vita anche complesse: il porto con i passeggeri in attesa per l'imbarco, oppure un paesaggio che allieta una pagina ove si definisce il difficile rapporto tra filosofia e linguaggio. Ciò che si nota è la presenza pressoché costante del mare, lo sguardo lo pone sulla pagina tramite disegno.
Il disegno, dunque, come via di fuga, evasione, che senza interrompere lo scavo della ricerca, gli consente di investigare nei funzionamenti insoliti che vengono a interferire durante il processo del pensiero. Ciò non poteva che interessarlo, come afferma Martin Boivin-Champeaux, nipote di Valéry, nella postfazione, ribadendo la forte fascinazione che i quaderni di Leonardo instillavano in lui.
E al tempo stesso la meraviglia per la presa di possesso del mondo consentita dall'occhio. D'altronde non ha egli scritto che l'esercizio del disegno insegna a non confondere ciò che si crede di vedere con quello che si vede, così l'artista può provare a ritrovare la sua singolarità e la coordinazione della sua mano, del suo occhio e della sua volontà? Quasi un rendere carnale il suo pensiero.
Rosa Pierno
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