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giovedì 7 gennaio 2016

Pierre Boulez “Pensare oggi la musica”, Einaudi, 1979


Un libro importante per la critica musicale è quello  tagliente e fermo di Pierre Boulez Pensare oggi la musica, datato 1979, capace di rispondere  non soltanto alla domanda su quale funzione debba avere la critica, ma a quella molto più scottante di quali oggetti e con quali modalità la critica debba svolgere il suo compito e il compositore fondare il proprio oggetto estetico.   

Se, Considerazioni generali, può considerarsi capitolo introduttivo a tratti giocoso, l’ultimo, Necessità di un orientamento estetico, vede calare un netto colpo di scure su imprecisioni e posizioni dimidiate, portando a isolare nella radura così disboscata, l’indissolubilità di forma e contenuto e cioè tra tecnica e concezione estetica e mostrando quanto non si possa dare nell’opera compiuta nessuna struttura che possa da sola esautorare il prodotto creativo senza al contempo considerare il senso della operazione che si sta attuando.

Non è banale tale assunto, il quale, fra l’altro, traina con sé una serie di corollari che definiscono il ruolo del tutto fuorviante della spontaneità e dell’istinto, di matrice romantica, contro la riflessione  mentre si caldeggia una ragionata adesione a un posizione teorica scelta con ponderazione. Non si può aderire per la sola forza di una preferenza emotiva a una tecnica di cui non si sia preliminarmente sceverata la validità formale e altrettanto vale per la posizione estetica.

La realizzazione, dunque, come rapporto di pensiero e tecnica, che Boulez vede vacillare nella produzione dell’epoca, aperta a uno sperimentalismo privo di costrutto o troppo assecondante rispetto alla vulgata del momento. Il compositore fa esplicito riferimento all’assunzione all’interno della tecnica musicale delle caratteristiche di altre discipline, la quale mostra quasi una sfiducia, in alcuni, per gli “aspetti morfologici” o un’allergia a ogni concetto estetico, in altri. La scissione fra forma e contenuto, presente a suo avviso in molti suoi contemporanei, provoca per Boulez danni irreparabili.     

Nemmeno la storia riesce a vagliare esiti maggiormente validi: “L’aggressività dello sguardo storico rende poco; si riduce spesso a giudizi umorali, psicologicamente interessanti ma privi di generalità: destinati dopo tutto a rimanere <>!”. Occorre “riconoscere che l’ascendente di certe opere, di certi compositori non è forzatamente immediato”. Analogamente, non è possibile avere la consapevolezza di tutti gli aspetti del presente anche nel momento in cui lo si sia abbracciato nella sua totalità, per ciò è d’uopo un processo elaborativo che verifichi la validità di taluni elementi in relazione alla propria attività.   

I procedimenti di scrittura musicale sono mezzi “perfettamente adatti all’invenzione di un dato compositore”. È necessaria “una conoscenza reale delle leggi grammaticali alle quali obbediscono” al fine di non cadere nel manierismo. “Qualsiasi riflessione sulla tecnica musicale deve trarre origine dal suono, dalla durata, dal materiale sul quale lavora il compositore”. E come esempio, Boulez afferma che non vi è alcuna garanzia che certe forme di permutazione matematica o di forme cifrate  – le quali forniscono una guida  rassicurante, ma non creativa – abbiano validità qualitativa se immessa nella struttura sonora. Allo stesso modo denuncia carenza immaginativa in chi introduce concetti filosofici all’interno del fatto sonoro. Soltanto “la padronanza del linguaggio implica una conoscenza tecnica approfondita” al fine di dominarlo e non soltanto di fornire idee al suo impiego. 

La musica merita “un campo di riflessione che le appartenga in proprio”. Gli apporti esterni possono funzionare per analogia e “non con un’applicazione letterale priva di fondamento”, pena il ricadere nell’arbitrario. Il fenomeno musicale se richiede un pensiero specializzato, richiede altresì l’analisi del suo stile, tenendo ben presente che è pressoché impossibile “voler analizzare in un unico modo il processo della creazione”, il quale, fra l’altro, necessità della giustificazione collettiva.

Boulez affronta vari nodi teorici: il problema della tradizione, del dialogo tra ragione e passione, del ruolo fecondo del dubbio e del sostegno appassionato alla ricerca, accendendo poderosi fari sul “potenziale di incognita racchiuso in un capolavoro” e sulla necessità di uno specifico pensiero musicale.


                                                                         Rosa Pierno

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