Pagine

venerdì 27 dicembre 2013

Flavio Ermini per Sequenze di vento di Giorgio Bonacini, Le voci della luna Edizioni, Sasso Marconi, 2011

 (Pubblicato su EQUIPèCO n. 35 – 2013)

DALLA  PARTE  DELLE  COSE

Sequenze di vento si costituisce come un vero e proprio poema. In esso Giorgio Bonacini registra cosa accade quando viene ceduta la parola alla natura delle cose.
Prima che il pensiero pensi, avverte Bonacini, le cose arrivano a noi senza nome. Sono “vere”, intatte. Senza nome, le cose vivono di una loro insondabile verità, che, instancabili, non cessano di esibire volgendosi a noi. La loro voce è un soffio, sotto il quale improvvisa l’aria si ravviva. Non possiamo ignorare questo soffio, che parla dal profondo della physis e che impone di rispondere. Questo soffio ci obbliga alla ricerca di un’attività coscienziale che non sia sempre e comunque riflessiva, ma anche e soprattutto pre-riflessiva. Questo soffio ci obbliga a fare esperienza dell’essere umano: dell’umano in carne e ossa, spogliato di tutte le difese, fatto cosa tra le cose. Le quali, ci avverte Bonacini, non sono uno sterminato cimitero di esangui reperti, come vorrebbe la rassicurante visione del mondo cui ci ha abituati la nostra civiltà tecnologica.
Un pensiero che pensa alla verità dell’essere – così come fa il pensiero al quale Bonacini si affida – esige qualcosa di più di quanto ci offre la categorizzante vetrina delle scienze.
Bonacini instaura un rapporto con le cose e pensa alla verità ponendosi dalla loro parte, al loro interno, lasciandosi andare nella loro essenza (ovvero in ciò che le fa essere cose vere), liberandosi dagli idoli e dalle opinioni.

Il fare poetico annuncia che, dov’era il privo-di-parola, la parola avviene, se è l’esperienza poetica ad agire. 
...

Tra un albero e l’altro c’è un varco
una perdita pura, essenziale - un distacco
di foglie a un’altezza discreta. E’ così
 il denutrirsi del corpo - il colore che piega
nei minimi oggetti è un ricordo possibile
raro, dovunque sottratto. E’ probabile
allora che sia la dolcezza e in assenza di vento
la voce. Da un albero all’altro è il supporto
dell’aria, la prontezza dei rami o il disporsi.
Un aspetto fra i tanti d’intelligenza e candore.


...

Un dolore sconosciuto vieta la tristezza
e l’infelicità si apparta. Sarebbe
una tristezza immotivata, un’infelicità
insicura, l’illusione di un dolore sconosciuto -
una tristezza irragionevole nell’infelicità
mancante. Si tenta allora di correggere
il silenzio - di condurne l’evidenza
dentro l’alveo disseccato del dolore.
E si è convinti di conoscerlo ugualmente.



...

E’ il sospetto di non vivere nell’aria
che ci aiuta. Non la trama di un paesaggio
o l’occhio finto, non la recita banale 
che un’immagine d’inverno ci procura.
Articoliamo gesti assurdi, voci inutili
figure ricreate per errore ma inadatte
alla stagione in cui viviamo. Poi di colpo
cambia il genere - gli incontri si avvicendano
si mischiano, raggrumano in un gelo
di ovvietà. Senza un accenno di calore.

___________________________________________________


Wind Sequence

(traduzione di Dominic Siracusa)


...

Between one tree and another there’s a gap
a pure, essential loss – a separation
of leaves at a certain heights. So is
the body’s unnourishing – the color that bends
in the smallest objects is a possibile memory
rare, sought everywhere. It’s probable
then that it’s sweetness and in the absence of wind
voice. From one tree to another it’s the support
of air, the readiness of branches or the placement.
One of many aspects of intelligence and candor.


...

An unknown pain prohibits sadness
and unhappiness withdraws. It may be
an unmotivated sadness, an uncertain
unhappiness, the illusion of an unknown pain –
an unreasonable sadness in the missing
unhappines. So one attempts to correct
the silence – to lead its evidence
into the dry basin of pain. And
one’s convinced of knowing it just the same.


...

It’s the suspicion of not living in the air
that helps us. Not the plot of a landscape
or the glass eye, not the banal performace
that an image of winter affords us.
We articulate absurd gestures, useless voices
figures recreated by mistake yet unsuited
to the season we live. Then suddenly
the genre changes – the encounters alternate
jumble together, congeal into a frost
of obviousness. Without a hint of warmth.


Nessun commento:

Posta un commento