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lunedì 13 maggio 2013

Tre poesie inedite di Daniele Poletti, 2012

Marzacotto


La mattina a letto.
       Il male riserva sorprese.
       Un altro passero sbattuto.
Tutto becco giall’arcuato           :        ricordatelcom’era.
  Chiurlo casca secco in campagna.
  Il palleggiare contro il muro.
Continuo                                 variato
la crosta la scialbatura il mattone. Un anno.
Dietro di una giornata confusa fittile
       non fĭctus
                     mancata la solerzia
del sole poi ce ne sarà fin troppa.
Il soave dei bidoni degli scarichi a detonazione
di ottani denotano casa rassicurazione.
Pini e lecci piovono freddo lo staglio
        contro il cobalto nero.
                          Rotula e pietra
                          gomito e pietra
                          alluce e pietra
                          coccige e pietra
                          occipietra. C’è bassa resilienza.
Venti centigrammi di tartaro stibiato
in centocinquanta di tilia tomentosa
destano l’espettorazione delle immagini.
A onor di cronaca stasera proverò
a tagliarmi la gola, catturerò
un numero esiguo di zanzare, massimo nove.
               Erano vie a ritorno incerto.


aprile 2013



Bada


Confuse negli occhi sgranano resina con l’approssimazione
dei denti. Il risveglio all’occidentale è un angolo retto di cosce
e tibie, l’uomo comune, fulcri di rotule pesi del sonno sterzati
sui due remiganti più lontani dalla fronte. Quale fortuna sia
che il terreno su cui stai ritto non può essere più largo
dello spazio coperto dai tuoi piedi. Due piedi di tutto due
di traiettorie certe e diverse col fiato nottoso, il primo ingoiare
e rimettere aria a mandibole slegate, caverna il respiro.
Aruspicina del cesso, fresco in faccia rimando degli anni
intravisti, il rosario di bottoni e cerniere, chiavi, meccanismi
due spazi due temperature. Il rosaio immemorabile radice
nodosa filipendula erba perenne bulbacee quasi quasi
d’uccelli quasi qualsivoglia quiqui quel quali quasiquell. Glossite.
I lampioni hanno perso di luna con l’eclissi del giorno ancora
ipotesi sconnessure vibrati, vista del cono di luce che tracima
la macchia, ma debole che cercarlo tra i tetti
e il verde mattino presto, il faro sta e starà di sette in sette
nel giro, negli intervalli nascondimenti distratture e frutti decidui.
In questa ora i luminelli sul muro giallo del canale sono tenui


Comio


Il gancio serra nel legno
il battente, digradante vetro
che ottunde il grasso disegno
del colle già rammutito, metro
del salire lieve tra muraglione e platani sacellosi.

Denso di torba lo sputo
e conferente con la gravità
per poco in aria poi muto
sboccia in terra perduta levità.
In cima la via di fronte al feudo ventre il conflitto è conflato.

Giù e su per le antiche scale
ambulato troncone d’agnello
corpo pellucido male
che fienato seguita il modello.
Le vesti scorporate ammucchiate sono stracci da spolvero.

Empìti i laveggi enormi
migrazioni delle acque e clamori
di lavoro sui contorni
sul vetrato alto buio e lucori.
Nei fuori le densità non allentano si mangia si muore.

Le coppelle sui muretti
del chiostro, le carte i quadrigliati
la cura la doccia i letti
in spazio deroga il tempo in fiati.
Tutto ciò che occupa non rimane solo uno sciamito d’api.

Maggiano, gennaio 2012



Che, come specifica il poeta, Daniele Poletti, e come vogliamo riportare, in queste tre poesie inedite, abbia voluto dar luogo ad un esperimento di metrica in cui ha alternato agli ottonari e decasillabi di forma classica un verso ipermetro di somma (18 sillabe) e rime alternate è nozione che assieme ad altre va a comporre il già complesso quadro, e assai variegato, delle tre poesie inedite che qui presentiamo. Non sarà soltanto l’utilizzo di un lessico estratto dal vocabolario tecnico a rendere così presente durante la lettura un suono di ferraglia, a muovere le ruote dentate di un meccanismo tanto farraginoso quanto miracolosamente scorrevole. Perché riteniamo che in questo esercizio di scrittura, si giunga a un limite estremo di concettoso barocchismo, di messa a nuda della macchina che dovrebbe stare dietro le quinte e che invece viene metafisicamente esposta (il che equivale al tentativo di dire qual è l’essenza di qualcosa che non è definibile). Alla nostra evidenza sarà dunque offerto un testo che dovrebbe farci comprendere il meccanismo della meravigliosa visione che si dispiega sotto i nostri occhi interiori, eppure, il mistero non solo rimane celato, ma smaschera qualsiasi tentativo di possibile chiarificazione.
Dal girone infernale dell’analogia non si esce, tutto quello che genera somiglianze e dunque crea relazioni, rapporti, simmetrie non ha fondamento che nella nostra cultura, che è il dato che riceviamo e che incessantemente contribuiamo a modificare, ma che non è né un assoluto, né ha altro fondamento se non nell’uso che ne facciamo. Il testo di Poletti, però, non solo non elimina il fascino che tale operazione determina, ma lo mette in rilievo, ne centuplica le rifrangenze, ci manda in visibilio, sebbene siamo di fronte a un’opera, e lo ripetiamo a noi stessi, solo testuale. Anzi, proprio questo ci preme di sottolineare: il testo di Daniele Poletti produce pura visibilità. E’ un’operazione non ecfrastica, poiché di fatto non narra di opere d’arte, ma di meccanismi, di organi, di sistemi organici, di strutture ossee. Con questo armamentario Poletti si diparte da quello che è uno dei luoghi della sua riconoscibilità autoriale e si avvia a ispezionare aree contigue, strutturalmente affini.
Si  nota peraltro, in questo ritmico battere di sillabe, un piacere consumato di fabbro, un dichiarare che si avverte il mestiere poetico come  equivalente a quello di un artigiano, si sentono sferragliare catene e il martello battere sull’incudine, ma mai che l’attività fisica, manuale sia obliante: secerne, anzi, proprio da essa un libero pensiero che va a campire aeree zone di intoccabile altezza. E qui, apriamo per un istante una parentesi relativa al fatto che poiesis era attività pratica disgiunta dal logos nel pensiero greco: in questo senso leghiamo le due aree come simbolicamente rappresentative di ciò che è percepito esteticamente ed esteticamente prodotto e di ciò che è concettualmente fissato.  Ma non per ristagnare nella sempre uguale attitudine a risolvere l’una nell’altra o nel tenerle come inconciliabili. Ci avvisa l’autore: ciò che produciamo attraverso la nostra febbrile attività analogica è inattingibile, non è della medesima natura di ciò che tocchiamo, ma bisognerà attenersi a questa invero irrisolvibile aporia, anziché lanciarsi in quel gioco distruttivo in cui si vuole trascinare in mondo sublunare l’astratto e rilanciare in alto questioni corporali. Come ci ha insegnato Aristotele, mente e corpo sono indisgiungibili, ma disgiunti, e non è possibile ridurre l’uno all’altro come non è possibile tenerli separati, però in questo coesistere – che è appunto la macchina svelata – si può risiedere, accettando che sia essa a creare gli sfarfallii sul muro, “le vie di incerto ritorno”, la funzione poetica. 


Nota Biobibliografica:  Daniele Poletti nasce a Viareggio nel 1975. Poesia e performance sono le attività che da più di quindici anni si intrecciano nella sua ricerca. L’esperienza performativa parte da letture pubbliche per arrivare a veri e propri progetti di teatro del corpo.
Sul finire del  1995 pubblica, in edizione privata, la raccolta di poesie lineari Dama di Muschi, con i testi introduttivi del poeta visivo Arrigo Lora-Totino e dall’artista Antonino Bove.
Sue poesie e lavori concettuali sono apparsi su varie riviste e contenitori d’artista (Offerta Speciale, Risvolti, Geiger, l’immaginazione, BAU tra le altre). Nel 2003 è presente nella raccolta collettanea di poesie L’ora d’aria dei cani, per i tipi di Mauro Baroni. Sempre per Baroni ha pubblicato il racconto breve Una giornata particolare. Sul finire del 2005 pubblica la raccolta di poesie “Ipotesi per un ipofisario”, Marco Del Bucchia Editore. Nell’aprile 2010 escono 10 sue poesie sulla rivista “l’immaginazione” (Manni editore) con una nota di Edoardo Sanguineti. È presente ne La vetrina dei poeti del blog Il fiore del deserto con una silloge presentata da Lorenzo Mari;
su Poetarum  Silva con un’introduzione di Natàlia Castaldi e su Rebstein.
Fondatore e promotore del progetto culturale [dia•foria: www.diaforia.org,  che all’inizio di quest’anno ha inaugurato un nuovo spazio dedicato alle scritture di ricerca: f l o e m a - esplorazioni della parola (http://www.diaforia.org/floema/)

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