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giovedì 23 maggio 2013

Jean Rudhardt “Eros e Afrodite”, Bollati Boringhieri, 1999

Jean  Rudhardt, professore all’Università di Ginevra, e uno fra i più eminenti specialisti di religione greca antica,  studia in Eros e Afrodite, Bollati Boringhieri, 1999, il loro ruolo nelle cosmogonie greche, ripercorrendone le plurime nascite. Nei primi racconti mitici, Eros è anteriore ad Afrodite e la sua azione viene prima di una chiara distinzione tra i sessi. È solo con la castrazione di Urano che l’attività sessuale viene distinta. E’ lo stesso gesto che “dà alla luce Afrodite, dea non più del desiderio come pulsione cosmica, ma dell’attrazione amorosa”, mentre una seconda tradizione presenta Eros come figlio di Afrodite, capovolgendo il loro ordine di apparizione e situandoli in una successione di eventi. Infine viene presentato un ultimo stadio, in cui il desiderio, anziché essere finalizzato alla procreazione, “si orienta alla ricerca del piacere – l’amore diviene sentimento”. Fin qui ci siamo lasciati guidare dalla prefazione di J-P.Vernant per sintetizzare le tappe del libro.

Rudhardt inizia con una premessa: le storie degli dei sono ai loro occhi vere, “sono strumenti del loro pensiero, gli dèi li aiutano a comprendere il mondo, a comprendere se stessi, nella prospettiva di un sentimento religioso delle cose”, e i miti per essi sono tutti legati fra di loro, coesistenti. Con la Teogonia di Esiodo, conosciamo  un Eros, che è desiderio amoroso, il quale dà sviluppo alla molteplicità, aumentando il numero delle creature, pur senza provocare alcun congiungimento, e che è anche principio di manifestazione, processo che porta alla luce l’oscurità che è in sé. E’ una potenza smisurata, indifferenziata, primordiale, tuttavia  “Un potere deve incontrare delle resistenze affinché il suo esercizio divenga effettivo”. Il mito di Urano, con il suo sperma che cade sulle onde generando Afrodite, dà la stura a esseri differenti. “Ma se, diversificandosi, l’essere assume un carattere meglio definito e più concreto” si mostrerà anche più limitato, mentre la dialettica amorosa risulterà arricchita dalla condivisione dell’iniziativa sessuale  da parte di Gea, definendo così le” condizioni d’esercizio” della sessualità.

Nessun timore della contraddizione, però, alberga nell’animo dei Greci al coesistere di narrazioni persino opposte. “Consapevoli dei limiti dell’intelligenza umana, i Greci sembravano anche disposti ad ammettere l’incapacità di questa ad accedere a una conoscenza esatta del divino”, ma nei miti “vi è anche un senso apparente e uno vero”: i due miti risultano dire cose differenti, ciascuna vera a suo modo, essi non affrontano il medesimo problema: amore cosmogonico, in quanto forza trasformatrice e  amore come forza perpetuante, che preserva le cose “intatte nella loro natura”. Con il secondo mito, dunque, si ha una diversa concezione dell’amore, indirizzata al piacere. Gli dèi sembrano costituire “una società ormai organizzata”, si sposano persino. Afrodite stessa diviene dea dell’amore coniugale e avrà anche un amante. “Dotato di una natura universale, l’amore non si lascia contenere entro gli argini della società. La coesistenza di amore e istituzioni risulta, pertanto, conflittuale”. Miti rappresentano le forze che agiscono all’interno della società, minacciando di distruggerla, ma “evitano anche che questa si cristallizzi  e muoia nell’immobilità”.

“Dotandola di un marito e di un amante, il mito indica che il dominio di Afrodite oltrepassa l’ambito degli amori legittimi; mostrandola prigioniera e in ridicolo, definisce quella misura  che la dea è tenuta a rispettare in qualità di sposa , e di conseguenza, nell’azione che essa esercita sulle coppie sposate”.  L’ordine che la società si è data attraverso le leggi non risulta dunque statico. L’amore e la guerra “sconvolgono gli equilibri, ma anche ne restaurano di nuovi. “Nella vita amorosa, i Greci non pensano evidentemente ogni istante agli insegnamenti religiosi”, tuttavia essi hanno un influsso sulla loro condotta: entro i limiti della dignità e della misura, essi “si abbandonano all’amore senza alcun senso di colpa”, con l’amore partecipano alla vita divina del cosmo. E in questa cornice, si comprende come un equilibrio nella considerazione delle diverse azioni divine  consenta una maggiore felicità all’uomo.


                                                             Rosa Pierno

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