Una frattura corre lungo il canto
iniziale (Trentaseiesimo) del poema L’assassinio
del poeta. La chair des songes. Canti XXXVI - XLI, inedito, 2013, (quinta
parte del poema) attestata dagli spazi bianchi che dividono in due ciascun
verso, la quale si riverbera nella sconnessione semantica fra concetti che nel
canto sono visti come non solubili l’uno nell’altro: l’amore platonico, l’amore
carnale. Così l’estasi per la bellezza, per la sfera morale, non compenetrano
l’amore fisico e viceversa. E se invece
frattura non fosse nella poesia, ma nella vita, ciò si rivelerebbe più
un’imperfezione nella poesia che c’illude, che una carenza nell’esistenza. La poesia
consente di sognare che sia possibile ciò che è inconoscibile. Nella poesia
parole e carne divengono liquide entrambe e si espandono trascinando il poeta
nell’oblio della frattura. E ciò naturalmente travolge anche la creduta
possibile verifica compiuta dall’intelligenza al fine di costruire conoscenza.
Eppure è un dolce mondo quello in cui la passione si stempera, liberandosi dai
suoi bisogni carnali e dalla vanità, dall’imposizione dei sensi. Vi si
annullano anche le storie e le violenze: poesia come mondo di oblio, onirico.
Spossato dalla pervicace contrapposizione
fra acquietamento dei sensi e brama carnale, il soggetto lirico cerca nella
musica tedesca (“Ein Deutsches Requiem” di Brahms) un colloquio rasserenato fra
la vita e la morte, ove la vita “è Nulla nel Nulla eterno”, rivisitando le
forme della tradizione per ricostituirsi come soggetto attraverso esse. Tale ricerca
viene effettuata nel campo dell’astrazione concettuale, seguendone la
metamorfosi storica (attraverso le citazioni di vari poeti in un amplissimo
arco temporale), ma qui la voce del soggetto lirico somiglia a un coro che
riscrive in altra forma la citazione. La riscrittura è, infatti, una delle
chiavi di volta dell’intera raccolta dei, fin qui scritti, cinque poemi.
Riscrittura che è inevitabilmente risemantizzazione secondo un diverso punto di
vista, ma nemmeno questa volta il soggetto sarà identificabile, secondo quella
che è l’architettura dei poemi de “L’Assassinio del poeta”. Il soggetto,
nutrito di cultura, è per definizione indefinibile, sfugge persino alla
categorizzazione di poeta, così come non sarà la poesia né ad averlo ucciso né
ad esserne vittima e chi insegue l’assassino o la vittima è al contempo colui
che incarna entrambi.
Un magistrale canto ci sembra il Quarantesimo,
in cui tramite l’ascolto della Quarta Sinfonia di Arvo Pärt, Gio Ferri dà luogo
a un’esplorazione del corpo attuata con l’utilizzo di un lessico prelevato dal
linguaggio critico musicale: “la carne s’espande in spazi siderali / l’onda
melica batte in risacca / va e viene armonia d’epitelio”. Ove ancor meglio si coglie che il tema della raccolta è il
corpo e l’estasi che produce, di cui si cerca di restituire la totalità delle espressioni
nell’esplorazione dei testi tratti da un vasto repertorio di generi. Il
costante riferimento alle forme della tradizione è dovuto al fatto che esse
sono garanti, per Gio Ferri, di rigore, di ordinata sequenza contro le
“presenti irragioni”. Ma in esse la frattura che, questa volta interna, affiora
solo in alcuni punti non oppone maggiore resistenza alla scissione, non arresta,
ad esempio, l’offesa della vecchiaia.
Imperterrita è però la volontà di non arrendersi a questa chiusa, credendo
che mai possa concludersi il viaggio e lo scandaglio dei tesori culturali, i quali
si diramano in “spaesati altri labirinti” rinnovando i passi“ di un irrisolto
destino, poiché, lo intuiamo, anche nel nulla persisterà frattura tra nulla e
carne.
Canto Quarantesimo
Umbro ancora in ascolto delle intime
voci carnali, carezzevoli e sublimate che giungono da lontano con la “Quarta Sinfonia” del compositore
ucraino Arvo Pärt. *
teneri seni come diafane dune della
rena
affonda le mani nelle sabbie dorate
del docile corpo
il battito silente ovattato del grembo
ansia di delizie si tende dal ventre
all’inguine
si strugge e par venga da lontano
la carne s’espande in spazi siderali
l’onda melica batte in risacca
va e viene armonia d’epitelio 8
viscerale pronubo respiro
va e torna alla valle degradante del
ventre
svanisce l’ardente tocco all’intimo
silente
respiro svuota la passione ma non
l’anima
una cupa amorevole quiete di morte
finché solenne il rinato ritocco di
campane
e di timpani spinge alla robusta
paurosa
andante melodia della pulsante fibra 16
battono al destino l’ondate
crescenti sonore cantabilità sommosse
e disperanti all’ansa puberale
pietoso l’adagio d’ampio grave sospiro
l’irrefrenabile passione
s’alza il canto ansante della diafana
bocca
stringono morbide le braccia e
invocano
fluente il dirompente piacere 24
lungo e sconsolante è l’abbandono e
triste
percorre con la quiete delle dita lo
spazio
intrattenuto del collo e dell’anca e
dell’ansa
disperso calore delle sabbie
ma l’interrompe ancora l’ondata
invadente
riprende il suono acuto un poco stridente
oltre il melodico languente sgomento
e l’amorosa dispersione 32
si riallontana l’onda al sublime
cobalto
oltre le dismisure dell’angoscia
quando tacita assenza s’ascolta
ritmico distacco del timpano sommesso
pizzicato battente che s’apre lento
al sovvenir del vento sorpreso
dall’ansia
le lunghe pause addensate
di carezzevoli memorie 40
emergono dalla rena gli archi del
costato
riedono le angosce timorose
d’abbandono
stringe protettiva la passione
risuonano le speranze delle percussioni
sommesse fra i coinvolgimenti
cantabili
dei sensi e dei sessi e delle
sensazioni
misteriche inspiegate irragioni
dell’essere impietoso alle delizie 48
alla voluttà delle carezze
quando richiama alle tristezze del
destino
il battere d’una macabra danza
violenta nei giudizi inani e molesti
lamenti fra i battiti tremori d’amore
e di
morte nella tragedia armonica che
sopravanza
ma pur teme il ridicolo dell’ingenuità
d’una caducità irremovibile et
insensibile 56
ma l’armonico ha pure il suo strappo
acuto e fors’anche risibile d’una
fanciullezza
sperduta nella vecchiezza e
nell’impotenza
offesa dal rombo cupo dei bassi
ritmici
nell’invadenza delle sonore ossessioni
dei pianti nostalgici i diletti
impossibili
invissute lasciate tradite mai
dimentiche
finché il vago vagare d’improvviso non
s’arresta 64
* Arvo Pärt “Sinfonia n.4”, CD ECM
Records GMBH, München 2010.
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