“Il mondo nuovo”. Musi di cani elegantissimi sbucano dalle
palandrane dei padroni, cani simili creati furono per nobili possessori e,
infatti, s’adusa nelle migliori compagnie a essi accompagnarsi per prestigio
attestare. La gente che s’assembra nella
piazza, intorno a non si sa ancora quale oggetto o accadimento, ha metafisica
presenza. Mare limpidamente immoto, privo di ondeggiamenti e di risacca,
rimarca statuario evento che motiva accentramento. Di lanterna magica si tratta:
mostra mondi nuovi con esotici multicolori paraventi. Indiani con piumaggi
variopinti su canoe e pappagalli con
impennati ciuffi. Se alle loro spalle ci
mettiamo in fila, scorgiamo anche noi il profilato, immaginario mondo. Vediamo
quel che non esiste, quel che attrae uomini colti e conviene a commedianti
scaltri. Vediamo lo spettacolo di umani curiosi e lestofanti, tutti intenti a
rimirare come scimmie un novello atto, un’ennesima rappresentazione,
un’infingarda ricostruzione.
“Minuetto”. Nell’ampia piazza che interrompe la laguna, suonatori e
cantanti offrono sonoro intrattenimento. Hanno già adunato un variegato
pubblico: un arabo, una venditrice di spille, un turco, un re, una nana che
vende fiori e offrono pregiato saggio a incalliti sfaccendati e a inadatte
orecchie. Uccelli roteano sulle acque tremolanti, mentre nuvole arrancano dal
fondo verso il roboante finale di una erotica favola.
In un artefatto e incongruo
paesaggio, orsi tenuti alla corda da uomini con improvvisati abiti si sollevano
sulle zampe posteriori, laddove abeti impalliditi non riescono a proiettare
nemmeno svenevole ombra. Un uomo col bastone costringe le scimmie a saltare e a
fare le capriole. In lontananza una civile casa colonica, stretta
dall’agitazione che si svolge in primo piano, aspira a più elevati piani.
Più che da un teatrino di
marionette, lo spettacolo è dato dall’adunanza che lo assedia. Contro un aperto
cielo solcato da immancabili gabbiani, cani scheletrici, uomini panciuti e con
la gobba, né privi di capelli bianchi e nasi adunchi, parlano fra loro, si
distraggono o tengono il naso in su per guardare le tonsille alla cantante.
Scorrono sui disegni
acquarellati soffici nuvole che con chiaroscuri subitanei muovono la scena fino
a premere sulle membra, sporcando i vestiti con unta ombra, e contemporaneamente proiettando in primo
piano anche le cose che sono lontanissime, come se disegno fosse afflitto da
smobilitante vento.
La pagina che dà il titolo
alla serie di disegni su Pulcinella contiene una scala per arrivare in nessun
luogo, una brocca di vino, un piatto con l’uva, un cesto di vimini, una giacca
gettata a terra, legna da ardere e tanti secchi o cappelli. Immancabili il
cane, i gabbiani e la ragazza del cuore, in questo caso marionetta, che
Pulcinella stringe a sé, mentre considera il titolo come fosse un enigma
scritto in caratteri cirillici.
Di Pulcinella non ve n’è mai
uno solo. Solo perché è maschera si sdoppia, si triplica, si volta, si gira, fa
venire il mal di testa. Pulcinella ha tanti parenti, è assistente di sarti, è
pittore di quadri storici, viene rapito
da un centauro e cavalca un dromedario. Pulcinella invadono il giardino della
villa; insieme a sultani partecipano a una caccia ai cervi e danzano in una
sala ove sono mille roteanti specchi. Persino
al suo capezzale, per l’ultimo istante, Pulcinella è ancora circondato
da altri Pulcinella.
“Paggi vasi e pappagallo” . Sulle tonde e rasate teste dei paggi di
tutto punto vestiti con broccati sbucanti al modo di corolle rovesciate dalle
armature, vasellame emana i suoi esangui bagliori vessato da pappagallo che
sprigiona rossi echeggianti, mentre teste di capre e di leoni, corpi di arpie e
di sirene sono disseminate per favola narrare a ragazzini impenitenti e
increduli.
“L’acquazzone”. Si dirigono senza fretta verso l’orizzonte desolato
privi di meta. Un Pulcinella che si è tirato in testa il mantello per ripararsi
dalla pioggia è accompagnato da un cane che guarda in un’altra direzione.
Famiglia ha ombrello che ripara solo la donna; un vecchio e una signora anziana
fiancheggiano il gruppo da lati opposti; un altro Pulcinella, più
discosto, ha anch’egli un ombrello.
Nessuno di loro sembra sapere dove dirigersi. E’ uno sconsolato ire per le
piovigginose vie del mondo, ma calde e non prive di confortanti uccelli a far
da guida al branco.
Rosa Pierno
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