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domenica 20 maggio 2012

Madison Morrison “Existentialisme et Matérialisme Dialectique” da Anterem n. 81

Nel testo di Madison Morrison “Existentialisme et Matérialisme Dialectique” pubblicato sul n. 81 di Anterem, II semestre 2010, nella traduzione di Alessio Rosoldi, si percepisce immediatamente la netta separazione tra due registri: quello della descrizione di una situazione concreta e quello teoretico affidato alla citazione filosofica (peraltro segnalata anche dal corsivo). Visto che all’inizio non si riscontra alcuna relazione tra le due sfere, si pensa che possa essere un semplice scorrere nella mente dell’autore del linguaggio professionale (simile allo scorrere di una pellicola filmica, che continui anche durante il sonno). Una sorta di sovrapposizione trasparente, non attinente, che segue un suo iter a prescindere dal percepito, dalla situazione in cui l’autore agisce.

“Consente a Husserl di porre un ego trascendentale “al di fuori del mondo”. L’autore  si siede davanti a un dipinto a quattro tavole nere, mentre un giovane con una giacca nera gli passa di fronte lemme lemme. Mentre Heidegger, da parte sua, supera Husserl, riconoscendo che l’ego trascendentale di quest’ultimo è “un sé concreto e temporale”. Nel dipinto è raffigurata una pagoda circondata da alberi di specie diverse. Secondo Tran, ci riesce riconoscendo che l’essere-nel-mondo deve essere analizzato in termini di “realtà umana”. Due estintori rossi sono poggiati a terra pronti per essere usati, con le impugnature a forma di tenaglia rivolte in direzioni opposte. Tuttavia, per Tran Duc Thao Heidegger non va abbastanza lontano  nella sua analisi”.

Inoltrandosi nella lettura, s’iniziano a scorgere i primi punti di contatto o comunque i primi punti di congruenza tra i due registri. Parrebbe che le citazioni nascano dalla traduzione in linguaggio filosofico di ciò che sta avvenendo nella realtà (la visita al museo). Una sorta di tavola sinottica in cui all’opaco darsi di una banale situazione esistenziale possa accostarsi addirittura un senso appartenente ai più alti esiti filosofici. Naturalmente il salto non si avvera, l’arbitrarietà resta insoluta nel liquido testuale: residui si avvicinano e si allontano sospinti e respinti dalla medesima casuale corrente.

La tessitura testuale non tarda, peraltro,  a scompaginarsi, si sfalda e si sovrappone al punto che i periodi non sono compiuti  e periodi secondari si aggettano nel vuoto senza il sostegno del periodo reggente.   L’artefatta coincidenza è portata al suo punto parossistico poiché è di tutta evidenza che il senso non per questo va a campire le zone lacunose.  Quasi un processo, potremmo dire, opposto a quello in atto nella poesia ermetica, in cui il senso è appena indicato e volutamente lasciato indefinito, in modo da ottenere ulteriori indicazioni, non previste, eppure promettenti.

Il congetturato significato viene ulteriormente sfilacciato, anziché fatto lievitare. Qui, il senso non è un gas riscaldato,  ma una struttura le cui lacune non sono reintegrabili. Nemmeno da un punto di vista esclusivamente ottico, come avviene invece  nel restauro, è possibile pensare di ridurre la frattura tra il pensato e il percepito. A tal fine, la restituzione linguistica del reale è quanto mai dimessa e affidata a una descrizione quanto più oggettiva possibile proprio per non consentire a un linguaggio personale una deriva di senso non prevista.  

“”Fucili vietnamiti utilizzati a Dien Bien Phu” sono stati allineati verticalmente in una teca. Ciononostante, la Terza Indagine, considerata assieme alla nozione di “intuizione categorica” della Sesta indagine di Husserl. La bicicletta di Nguyen Tin (“usata per trasportare viveri alla battaglia di Dien Bien Phu, nel 1954”). Mostra come si impossibile separare del tutto le essenza dai noccioli sensuali. E’ esposta come un reperto indipendente, poggiata sul proprio cavalletto. Sulla base di questa inseparabilità. Il sellino è nero, ma le ruote e i puntelli sono stati ridipinti di un verde scuro. Tran Duc Thao isola tre “ambiguità” nella teoria fenomenologica di Husserl”. 

Resta netto il disavanzo, la non compromissibilità tra linguaggio filosofico e descrizione della realtà, che Madison Morrison, inoltre, accentua solo per far emergere la distanza invalicabile tra le due modalità: impossibile da colmare, dunque. Resta come disavanzo tutto ciò che estetico e che il linguaggio filosofico non riesce a dire (tralasciando ovviamente la pellicola estetica rinvenibile nell’esteticità matematica o filosofica) e di cui si fa carico il linguaggio oggettivo della descrizione del reale (“Una ragazza vietnamita con le scarpe coi tacchi alti di colore nero scende con passo pesante la scalinata che conduce al secondo piano; i suoi folti capelli corvini le ricadono su un’elegante giacca color verde militare”). Ma ciò soltanto per testimoniarne la presenza  nel reale, e la sua mancanza nel linguaggio filosofico, non per sviscerarla. Madison ottiene in questo modo di porre i problemi – e porre i problemi in maniera lucida e precisa è in ogni caso  prendere posizione – sgombrando il campo da scorie  e da superfetazioni.  Un modo davvero originale di esplorare le contiguità tra linguaggio specialistico e linguaggio comune!

                                                                                  Rosa Pierno

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