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mercoledì 7 marzo 2012

Rembrandt Harmenszoon van Rijn “Disegni e incisioni sul paesaggio”

Fitta boscaglia di segni in cui non si può penetrare, peggio che se fossero fitta boscaglia di siepi e rovi. Una sventagliata di segni aventi ritmico moto, e taglienti o ondeggianti. Ogni singola foglia ridotta a una tacca, a una virgola d’inchiostro. Una ragnatela che fa passare solo luce e poca. Una rete smagliata che filtra il luogo in cui si è dal luogo in cui non si può andare: un mondo altro, al di là del foglio.

Segni privi di una qualsivoglia coerenza che li leghi, saldati solo a livello macroscopico: borgo, grappolo di case che fa passare in secondo piano la consistenza della carta. Altrimenti tacche, più fitte, più rade, più smagate, meno tessute. Con ampie zone di vuoto assediato.

La furia, l’accecato sguardo che trasmette alla mano la sua foia, che sovraccarica di inchiostro già infittite porzioni di carta, che annera il foglio raschiando ogni traccia di luce, sì che le restanti paiono ancora più lasche, come foglio affetto da calvizie, lascia comunque baluginare una fioca luce che rischiara.
Segni rivoltati da traversi venti si accavallano come marosi, si attorcigliano in mulinelli franti da sopraggiunte brezze. E’ tutto un rimestare di ombre e luci intitolato “Paesaggio con cottage e grande albero”.

Se è con matita che i segni vengono tracciati,  allora i solchi sono macilenti e tremuli: ghirigori che negano, indecisi, il concetto di linearità. Esangui, e quasi privi di materica sostanza, inanellano lo spazio in ampie congetture.

Pastello dovrà decidere tra bianco e nero o scegliere  dimidiata sosta. O, forse, la soluzione non è mai appartenuto ad altro che a intermedio regno ove bianco e nero sono astruse generalizzazioni.

Se l’ombra incatrama le facciate delle case della fattoria, alla vegetazione, la quale si arrampica sulle parti in penombra arrancando verso l’arduo cielo, non resterà che mostrare, come lasciapassare, asole di conquistato biancore per raggiungerlo.

In un solo disegno, “Cottage with a White Paling”, è possibile vedere il paesaggio che digrada dal vuoto bianco all’inzuppato nero con i gradi intermedi che vanno dal segno lineare ai sincopati tratti da ossessionato ardore indotti.



Certi occhielli, segni a cucchiaio, raccolgono porzioni di volume ovoidale, ma aperti, lasciandolo sfuggire come un liquido, sì che tutto il disegno galleggia, già scosso dal vento: è una magione circondata dagli alberi in cui il vento è crollato all’improvviso.

In “Gruppo di alberi con Vista” la visione è caratterizzata non dalla prospettiva con cui si è disegnata la capanna, ma dalla macchia fonda del boschetto che nega luce assorbendola tutta. Quel che è rimasto sul colino del foglio   è svanita landa, abitata da alberi fantasma.

Una collezione di tutti i possibili segni e di tutti i modi di apporli sulla superficie, non esclusi i vari moti del polso e i sussulti dell’interiorità. Una collezione senza oggetto. Non ultimi certi lontani come un livido sul foglio.

Rosa Pierno

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