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mercoledì 15 febbraio 2012

Mario Quattrucci “Turcato”da “Gra” Quasar, 2006

 


E’ mondo non rifratto, altro, sua espressione,
preludio di nascita, sentire non oscuro,
germe, gene, forma-vita, embrione in sua memoria,
galassia-granuloma su turchino e azzurro,
seme di millennio suo iridico cammino,
d’atomo itinerario, verità e sogno,
incanto metamorfico in unica pintura
pullula da colore realtà nascosta,
acqua e notte, fluoro oltremarino, karta-segno,
forma d’effettuale viaggio d’astrazione pura,
frangia di cosmo, immagine, luce misteriosa,
ora è colore-forma sola dimensione,
vegetale vita e pelle d’anima contesa,
reticolo di sensi apparizioni ardenze,
bava di mondi ambigua, presenze numinose,
messaggi d’orme astrali e terra di deserto,
gialla terra solforosa, siena e bianco, incerta,
monocromi sondaggi, verdi, neri, squarci,
fasce-porte spalancate su spaziali interni
plurisensi, ranciate annunciazioni,tracce,
lacci su toni d’indaco e viola, fermi
densi rossi  doloranti, o chiari come i rossi
di fabbriche e comizi da cui ci siamo mossi,
fuoco cangiante, moto, libertà variale,
del tempo in divenire combusta evocazione,
alto linguaggio antico, probità attuale.
Non è rispecchiamento ma creazione.




Proprio attraverso l’iniziale contrapposizione tra realtà e mondo interiore è subito procurata da Mario Quattrucci la feritoia da cui sgorgherà la negazione dell’assunto attraverso la derivazione allegorica: “germe, gene, forma-vita”, la quale rapprendendosi, sanguigno flusso, nuovamente sull’esteriore mondo, salderà in una riattivata circolazione, solo più densa, anche il soggetto, rappresentato da “memoria” ed “espressione”.

Segue dappresso, a ruota, l’aggancio tra cellula e galassia, tra microcosmo e macrocosmo a completare le relazioni fra le diverse scale circuitazionali, di cui sarà garante “unica pintura”: quella pittura di Giulio Turcato, di cui Quattrucci sta contemplando in presa diretta le opere. Una sorta di atmosfera turchina invade e disperde i confini, le soglie tra il pensato e il percepito, tra la verità e il sogno.

Questi versi non sono esenti da un preciso taglio critico con cui il poeta vuole rendere corpose le ragioni della propria preferenza, della propria adesione alle opere del pittore: intento davvero originale rispetto alla canonica ecfrasi. Nei versi “ora è colore-forma sola dimensione, / vegetale vita e pelle d’anima contesa” sono in un colpo solo strette insieme sia l’esclusione della  dimensione temporale, sia l’imitazione in quanto rappresentazione di oggetti reali, ove però il legame conduce immediato a una trasmutazione: e ciò che è esterno è ricondotto alla sua elaborazione interiore.

D’altronde, anche la mancata sovrapponibilità tra il deserto e il pigmento con il quale il deserto viene rappresentato dichiara il varco tra i due sistemi (oggetto e strumento), ma anche la loro incompossibilità.

La poesia chiude con un fantasmagorico inno alle plurivalenze, alle create ambiguità, alle forme in divenire per cui un rosso può valere sia per esprimere dolore e sia per rappresentare comignoli e dove il tempo sulla superficie del quadro è soltanto evocato, eppure onnipresente,  infittendo sulla tela un passato che coincide con la cultura tutta.


Biografia

Mario Quattrucci, impegnato per quasi cinquant’anni nella vita politica e sociale, s’è occupato di arti visive, teatro, letteratura. Ha collaborato con giornali e riviste della sinistra.
Narrativa: A Roma, novembre (poi: È novembre, commissario Marè); Il Governatore; La formula; Questione di tariffe…; È normale…; Troppi morti…; Hai perso, commissario Marè; Una vedova per Marè; Che spettacolo…. (insieme ad Alessandra Vitali); Marè in luogo di mare; Fattacci brutti a Via del Boschetto.
Poesia: La traccia; Oblò appannato; Perché un occhio l’osserva; Materia del contendere; Variazioni; Gra; Da una lingua marginale.
Dirige le collane di poesia Segmenti e Gemina delle Edizioni Quasar, e la collana Libri di Poesia della Robin Edizioni.

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