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giovedì 8 dicembre 2011

Johann-Heinrich Füssli “L’invenzione” Pagine d’arte, 2004

Si ricorda che il 9 dicembre 2011, alla fiera Più libri più liberi presso il Palazzo dei Congressi, Roma, ha luogo la presentazione del libro “Cartavoce” di Ruggero Savinio, edito da Pagine d'Arte. Intervengono l’autore e Goffredo Fofi.

E’ un amalgama di  critica d’arte e di estetica, il testo  di Johann-Heinrich FüssliL’invenzione” Pagine d’arte, 2004, ove il collante che mal si nasconde dietro la teorizzazione è quell’incoercibile tendenza al fantastico, appunto all’invenzione, che caratterizza tutta l’opera visiva dell’artista e che pare quasi virare il testo in racconto autobiografico. Pertanto un testo variegato, mosso, che pur categorizzando le opere secondo la vulgata del periodo romantico, non annoia, ma scorre veloce e rapido dipartendosi dall’individuazione delle categorie e rapidissimamente tratteggiandole, ma per giungere a esaltare l’invenzione che ci restituisce il fantastico come fosse la cosa più vera e naturale che ci sia. Attraverso la combinazione del verosimile, del possibile, del conosciuto l’universo visibile si lega a quello invisibile: ed è appunto ciò che Füssli cerca nell’arte.

Le regole che Füssli sceglie sono quelle della differenziazione tra arti visive, che trattano dello spazio e del movimento, e poesia, che tratta del tempo, traendone i relativi sviluppi e, inoltre, puntualizzando che “l’esibizione esclusiva della forma inerte e incolta significherebbe scambiare il mezzo con il fine” se non venisse raggiunta l’armonia delle parti. Ciò a sua volta comporta la necessarietà  del carattere o dell’azione “per farne un oggetto interessante di imitazione, che riguarda l’aspetto  morale dell’arte”. Queste griglie categoriali le ritroveremo quando il testo si volge in critica d’arte, analizzando opere particolari ed effettuando l’esercizio della valutazione. Non appena inizia a descrivere le opere da lui ritenute paradigmatiche, la disamina diviene appassionata, irruento il flusso di parole che corrono e si accavallano quasi nel tentativo di superarsi: la prosa è ricca, tumultuosa, rapisce. Le descrizioni sono quelle del Cartone di Pisa di Michelangelo: “tutti i tempi dell’umana vivacità, tutti gli atteggiamenti, tutti  i tratti dell’inquietudine allarmata: la fretta, la precipitazione, lo sforzo, l’impazienza, esplodono in altrettanti raggi, come scintille sprigionate dai colpi di un martello”.

E nelle descrizioni degli affreschi al Vaticano di Raffaello, a tratti, pare di ravvisare i medesimi personaggi che compaiono nei disegni di Füssli,  illustranti l’edizione realizzata da Pagine d’arte: “Quella donna prostrata, pressoché coperta dalla massa fluente dei suoi capelli, che ha le braccia levate a implorare il cielo”. L’enfasi è tutta incentrata sui sentimenti e sulla loro resa attraverso il disegno, sull’espressione, sui gesti rappresentati nelle opere, alla ricerca di quella compostezza e misura che insieme all’intrinseca varietà ”concorre alla semplicità di un unico e grande fine” e all’”invenzione specifica dei singoli episodi pittorici, in quanto ognuno di essi costituisce un tutto indipendente”. Nella  seconda parte, il testo, che coincide con la descrizione appassionata delle opere di Michelangelo e Raffaello, tocca come una pallina del flipper le categorie romantiche (sublime, unità, totalità) per discostarsene immediatamente dopo, quasi in una malcelata confessione di incapacità di giungere a comunicare al lettore ciò che lui ha visto e provato dinanzi a tali opere e in cui la paratassi sembra l’unica figura retorica che consenta di accumulare motivi e ragioni dell’arte senza peraltro esaurirne il nucleo, ma, intanto, il fluire delle sue allacciate frasi ci tocca e ci convince a ripercorrere i passi delle sue visite romane.

                                                                                                     Rosa Pierno

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