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domenica 27 febbraio 2011

Glenn Gould “No, non sono un eccentrico” EDT

Qualsiasi libro che raccolga testi di Glenn Gould è una pubblicazione importante. La lettura dei suoi testi è non solo straordinariamente godibile per la sua illimitata competenza musicale, ma lo è soprattutto perché Gould è un uomo coltissimo, che ha elaborato attraverso le sue letture uno stile critico essenziale, privo di citazioni, ove emerge appieno la sua personalità. Siamo di fronte a uno stile in cui si può andare in cerca delle sue opinioni sui direttori d’orchestra, sui compositori, sul senso che la musica ha nella sua vita, come se fossero preziose pietre risplendenti su un broccato intessuto d’oro, saldate cioè allo stile da una pratica indefessa, priva di soluzioni di continuità e sostenuta da un’intelligenza geniale e da una sensibilità sopraffina. Cos’altro sarebbe lo stile se non la marca personale, la cifra di un’elaborazione sempre riconoscibile; imputabile a chiare prese di posizioni, a motivazioni di cui ci si assume la responsabilità. E quasi si soffre nel vedere che i giornalisti, che  hanno avuto la possibilità di intervistarlo non gli hanno posto che sempre le medesime domande (sul perché si è ritirato dalla vita concertistica, perché ha preferito la sala di registrazione, perché si vestiva con cappotti anche d’estate o perché faceva uso di una seggiola dalle gambe accorciate) quando avrebbero potuto tentare di ottenere chiarimenti in merito a quella contrapposizione tra occhio e orecchio che emerge da qualche sua  frase e su cui, a mio avviso, si poteva tentare di ottenere una descrizione maggiormente esplicativa. Come mai si parla   di chiudere gli occhi, di tenere fuori il visivo? Per aumentare la concentrazione sul fenomeno sonoro? Ciò svelerebbe qualcosa del suono. Che cosa accade all’ascolto quando si tengono fuori le immagini? O meglio, il vero ascolto si attua al di fuori dell’immagine?

Non mancano nel libro molte opportunità per comprendere l’approccio – integrazione fra intelletto e ispirazione – con cui Gould affronta le opere, la scrittura, la ripresa  documentaria e il montaggio. In questo libro sono, peraltro, particolarmente interessanti i testi sui suoi documentari radiofonici che “anche se sprovvisti di materia musicale nel vero senso della parola, sono pur sempre delle strutture musicali e costituiscono delle vere e proprie ‘composizioni’“. Di qualsiasi ambito lui s’interessi lo fa con la massima professionalità e creatività. Ne “La serie Schönberg”, il libro edito da Archinto, contenente la trascrizione del ciclo di trasmissioni radiofoniche dedicate alla conoscenza dell’uomo Arnold Schönberg e all’ascolto dei suoi brani musicali, emerge limpidamente il suo talento letterario, spumeggiante di ironia, di raffinate espressioni e di formulazioni originali come, d’altronde, anche nel suo giustamente celebre “L’ala del turbine intelligente”. A lui la qualifica di artista si attaglia perfettamente, mentre gli sta stretta quella di interprete: Glenn Gould costringe allo sdoganamento della categoria dell’interprete in quello più ampio e completo dell’artista. D’altronde, lui modifica, adatta, trasforma secondo quelli che ritiene essere i parametri fondamentali che definiscono i capolavori musicali: “senso della struttura, della fantasia, della varietà, della continuità tematica, della propulsione armonica e della disciplina del contrappunto”. Tutti gli elementi della vera grande musica sono per Glenn Gould riassunti nella varietà armonica e ritmica, nell’invenzione del contrappunto ed è a partire da questi capisaldi che Gould esprime giudizi taglienti e definitivi, lapidari e saldi sui compositori, i quali, essendo inerenti alla specificità del fenomeno musicale, ci aiutano a comprendere meglio la sua complessità.

Dal punto di vista critico, oltre alle appena citate peculiarità che caratterizzano per Gould la composizione, esiste un fondamentale criterio per valutare la grandezza di un compositore: “Per raggiungere l’universale è indispensabile staccarsi dalle pesantezze della storia, sottrarsi al conformismo cronologico di cui ogni epoca è portatrice. ” I più grandi scrivono musica controcorrente rispetto alle tendenze del proprio tempo: “Uomini capaci di incarnare il regresso come il progresso” e porta come esempio Bach, il quale “trascende tutti i dogmi artistici, tutte le questioni di stile, di gusto e di linguaggio, tutte le sterili e frivole preoccupazioni  dell’estetica”.  Una lezione valevole per tutti gli ambiti artistici!

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